Associazione Piazza San Marco
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Francesca Barbini, Delegazione FAI di Venezia

Venezia ha in questi giorni un fascino magico e ne possiamo vedere ogni sua piccola e grande bellezza, perciò rispondere alle tre domande dell’Associazione Piazza San Marco è per me particolarmente stimolante. Immagino Venezia nei prossimi mesi così come la vediamo oggi: lenta, silenziosa, accogliente, magica. Un luogo che nessuno vorrebbe perdere, così come l’avevamo perso negli ultimi anni. L’epidemia in corso ci obbliga a rovesciare il paradigma sul quale si è basata la visione della città da parte del suo governo e degli interessi che hanno in questi anni impresso una direzione di puro consumo “a perdere”. Assuefatti all’invasione costante e disumana di tutti gli spazi, all’improvviso, un organismo piccolissimo e invisibile ci ha fatto rimettere i piedi per terra e fatto capire che una città sopravvive solo con i suoi abitanti. I numeri sui quali si regge lo sfruttamento turistico intensivo non saranno possibili per molti mesi. È un’opportunità da cogliere con ottimismo. Se non saranno i numeri a salvare la città, possiamo però contare sulla qualità della sua offerta al mondo per un turismo non più di consumo, ma come materia prima per la creazione di ricchezza. Disponiamo in città di patrimoni inestimabili: istituzioni di grandissimo prestigio come la Biennale d’arte e di architettura, centri culturali come i due atenei della città attivi in tutti i campi della ricerca e della creatività sia tecnica che intellettuale, un teatro splendido con una tradizione secolare e un’orchestra eccellente, musei e monumenti degni di una grande metropoli, un numero consistente di fondazioni e istituti di cultura, e poi moltissime competenze in tutti i campi, compreso l’artigianato di altissimo livello e un’industria del vetro che perpetua una tradizione di qualità e raffinatezza aperta da sempre alle innovazioni e ai contributi esterni. Tutto questo è immerso in un’oasi naturale e sociale straordinaria che ci parla di un modello di città rivoluzionario che da sempre accoglie e abbraccia i visitatori senza pregiudizi, e a tutti offre la sua ineguagliabile qualità di vita. Venezia lenta e bellissima può offrire, e al contempo chiedere, idee e visioni a coloro che verranno. Penso che questa sia l’unica chiave per il futuro. Se non vogliamo lasciare anche ciò che rimane a un destino sinistro che già si delinea all’orizzonte, dovranno essere ascoltati i Veneziani migliori che da tempo chiedono una città viva. Tra le tante risorse della città la politica non potrà infatti trascurare i numerosi, creativi e appassionati comitati cittadini che attestano l’inesauribile vitalità civica di Venezia, a dispetto del numero esiguo dei suoi abitanti. Penso che la nostra città possa diventare un polo di formazione e ricerca in tutti i campi. Le basi per partire ci sono, ma si può fare di meglio, occupando in modo costruttivo spazi ora abbandonati e svuotati del loro significato storico, come ad esempio l’Arsenale, e offrendoli ad attività di artigianato, formazione e ricerca che restituiranno ricchezza alla città senza stravolgere la sua identità. Le innumerevoli case trasformate in locazione turistiche mordi e fuggi potranno tornare ad ospitare la vita dei suoi cittadini e dei suoi visitatori. Le insignificanti rivendite di paccottiglie di dubbia provenienza potranno cedere il passo ad attività funzionali alla vita cittadina, e i campi torneranno ad accogliere i giochi dei bambini, unica garanzia di futuro.
Questa è la città che ora possiamo sognare. Francesca Barbini, Delegazione FAI di Venezia