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#RiscrivereilFuturo: Francesca Giubilei e Luca Berta, Venice Art Factory, curatori d’arte contemporanea

Come immagini Venezia nel futuro?
Immaginiamo una città aperta. Se possibile più aperta di prima, in un certo senso. Il ripensamento del turismo di massa invocato da più parti è necessario. Ma a tratti si scorge in controluce il pensiero che l’obiettivo sia favorire un “turismo abbiente”, come se la riposta alla massificazione fosse l’elitismo. Le destinazioni turistiche di lusso difficilmente sono luoghi pieni di vita e di fermento. Venezia dovrebbe restare un luogo interessante tanto per il turista in grado di permettersi esperienze esclusive, quanto per i ragazzi e le famiglie che devono stare attenti al budget. L’essenziale è che Venezia offra un momento di scoperta e di nuova consapevolezza. Il che ci fa ritornare al senso originale della parola “turista”: colui che compie un tour come percorso di crescita attraverso gli incontri, i luoghi, la bellezza. Venezia possiede la straordinaria qualità di essere allo stesso tempo una piccola cittadina e un luogo cosmopolita, dove camminando per strada si incrociano per caso amici e vicini, e poi al bar si fa conoscenza con qualcuno che viene dall’altra parte del mondo. Quanto più sarà nutrita e coesa la comunità locale, senza volersi chiudere in un guscio rassicurante, tanto più la città sarà ricettiva verso chi arriva e può imparare ad amarla. È essenziale capire che i due aspetti non sono in conflitto.

Cosa possono fare la politica e i cittadini per una rinascita di Venezia?
La politica potrebbe favorire la residenzialità introducendo delle formule contrattuali vantaggiose per segmenti specifici. Pensiamo in particolare agli studenti universitari, dato che le università sono un punto di forza del tessuto cittadino. Molti non sono residenti perché i proprietari non sono disposti a concedere dei contratti di locazione pluriennali, per gli oneri fiscali e per i rischi di morosità. Dovrebbe esistere un contratto fiscalmente vantaggioso che renda gli studenti veri residenti, e prosegua per almeno tre anni dopo la laurea, in modo da convertire una parte degli studenti in residenti permanenti. Sono loro che, affacciandosi sul mercato del lavoro, potranno inventare professioni e iniziative imprenditoriali impossibili da immaginare ora. Dal lato dei cittadini dovrebbe esserci invece la capacità imprenditoriale di esplorare segmenti finora trascurati. Per rimanere nell’ambito afferente al turismo, nel nostro lavoro ci capita spesso di incontrare artisti, designers, curatori e altri professionisti che manifestano il desiderio di trascorre un breve periodo a Venezia per lavorare a un progetto specifico. Ma l’offerta per una domanda semiresidenziale di questo tipo, con permanenze da alcune settimane a qualche mese, è pressoché insistente. Eppure sono visitatori / residenti temporanei che portano un grande arricchimento per la città. Poi si potrebbero stimolare le comunità esistenti a Venezia perché diventino vettori di sviluppo. Ci sono nutrite comunità di europei e di americani che hanno casa in città, ma perché non attivare maggiormente le comunità di cinesi, bengalesi, ucraini, albanesi, nigeriani a chiamare i talenti dei loro paesi di origine a studiare nelle nostre università tramite delle borse di studio? Le economie di quei paesi sono destinate a crescere più della nostra nei prossimi decenni. E l’apertura culturale di Venezia se ne gioverebbe ulteriormente.

Proponi un’idea specifica in almeno uno di questi ambiti: ambiente, residenzialità, lavoro, cultura, sicurezza, turismo.
Crediamo che gli esempi qui sopra siano piuttosto orientati in senso pratico. Un altro elemento specifico riguarda l’istituzione della tassa di ingresso. Perché non sfruttarla per trasformarla in un veicolo di comunicazione? Ci rivolgiamo ai turisti per chiedere loro di pagare € 10, perché non dire contestualmente che quei € 10 valgono come riduzione per un ingresso a scelta in un museo, una mostra, un teatro, un concerto? Così si legherebbe ancora di più l’ingresso del turista all’offerta culturale che la città esprime. In questo modo una mera tassa diventa un servizio, e un momento di comunicazione. Così si potrebbe dare evidenza, a rotazione, anche ai luoghi della cultura meno noti, ma non per questo meno importanti. Certo, questo significa destinare una parte rilevante della tassa a finanziare la cultura, e non altri capitoli di spesa. Un altro luogo dove si dovrebbe a nostro parere rinforzare la comunicazione culturale sono i pontili ACTV. Data la loro conformazione interna, sono ideali a Venezia per ospitare degli schermi senza impattare sul paesaggio. Oltre agli spazi pubblicitari standard, il Comune potrebbe installare uno schermo per dare visibilità a tutti i progetti culturali che si svolgono in città in quel momento. Ci sono delle altre iniziative, come le proposte di creazione di zone speciali in città, con esenzioni fiscali per l’insediamento di nuove attività nel settore intellettuale o artigianale, che sicuramente sarebbero efficaci. Forse più utopisticamente, ci pare ci capire che non esista una vera e propria agenzia europea per la cultura. Crediamo che sarebbe opportuno proporla, e che Venezia avrebbe piena titolarità per candidarsi come sede.

Francesca Giubilei e Luca Berta, Venice Art Factory, curatori d’arte contemporanea

Per il progetto #RiscrivereilFuturo di Venezia Venezia da Vivere e Associazione Piazza San Marco hanno intervistato imprenditori, curatori, direttori di istituzioni culturali, rettori e docenti universitari, albergatori, organizzatori di eventi e cittadini, che a Venezia vivono e lavorano. Un dibattito aperto con la cittadinanza per far nascere un’idea di città in equilibrio con l’ambiente, il lavoro e la sua civitas.